venerdì 12 luglio 2013

DUBITO DUNQUE CERCO

Spesso le persone che cercano lavoro hanno tante brutte convinzioni: “non c'è nulla", "sono troppo in là con gli anni","mi hanno detto che non cercano", "li vogliono solo giovani" e tanto altro.
Le convinzioni, cari miei, a volte sono molto pericolose. 

Se sei convinto che tutto ciò che farai è inutile, perché dovresti farlo? Se ciò che hai sperimentato –ora o qualche anno fa- non ti ha offerto determinati risultati, perché dovresti cambiare opinione sulla cosa? Allora, molti partono con l’idea che tutto è detto e scritto, che tutte le proposte per svolgere ricerca sono solo “parole” e basta, che non c’è niente da fare.
Sarò forse un ottimista di natura, incapace di vedere (proprio) tutti gli aspetti deprimenti del mercato del lavoro di oggi; fatto sta che io credo in un approccio alla ricerca di lavoro “possibilista”e che questa, se fatta con attenzione, possa dare maggiori risultati.
Non dico di andare bendati, speranzosi che suonando ai campanelli qualcuno ci apra con il contratto (indeterminato) in mano, però  che occorre dubitare di certe "certezze" -prese così per certo- e questo può farci attivare meglio e con più energie; dunque, non prendiamo per buono tutto ciò che sentiamo se prima non lo abbiamo verificato!

Dubitare vuol dire sospendere il giudizio sulla cosa, guardare il mondo non facendoci condizionare da idee preconcette, non accogliendo alla buona i "per sentito dire",  scettici di avere risposte su qualunque cosa senza prima essersi messi, realmente, in profondo ascolto. 
Dubitare di aver fatto tutto per la propria ricerca, di non aver tralasciato niente, può aiutarci a trovare altre vie; proviamo?
Penso di contro, infine, che se neanche noi stessi crediamo con convinzione  alla nostra ricerca di lavoro e che potremo trovare, chi dovrebbe crederci?

lunedì 8 luglio 2013

PUBBLICATO IL LIBRO: "IL TUO LAVORO! METODI PER TROVARLO"

Ciao, ho il piacere di comunicarvi l'uscita del mio libro: "IL TUO LAVORO! METODI PER TROVARLO" edito dalla casa editrice Primula Editore, è reperibile sia in formato ebook che cartaceo.
Da questo libro potete aspettarvi di scoprire:

-come sviluppare un’efficace ricerca di lavoro;
-quali sono i canali per l'invio del curriculum e come usarli;
-in che modo proporsi;
-come le aziende cercano i dipendenti;
-quale prospettiva occorre assumere;
-i siti che possono fornire informazioni utili;

-riflessioni su cosa occorre comunicare e in quale modo;
-come personalizzare la propria ricerca e... tanto altro.
Visto il momento delicato del mondo lavorativo, credo possa essere uno strumento di facile consultazione, pratico, capace di offire spunti importanti.
Chi volesse organizzare una presentazione può contattarmi tramite email, grazie.
A presto!

mercoledì 19 giugno 2013

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: "IL TUO LAVORO! METODI PER TROVARLO"

Venerdì 21 giugno, alle ore 21.00, presso l’Istituto Santa Chiara di Stradella, in Via Costa 17, sarà presentato il manuale “Il tuo lavoro! Metodi per trovarlo”, scritto da Davide Marino grazie al sostegno di Primula Editore che, dopo il successo del romanzo “Negli occhi del bambino”, si presenta ora con questa nuova pubblicazione, un’utile e agile guida per la ricerca di lavoro.
Durante la presentazione, sarà lo stesso autore – da anni a stretto contatto con le problematiche e le dinamiche collegate alla ricerca di occupazione – a presentare gli argomenti e i contenuti del suo libro:

- come sviluppare un’efficace ricerca di lavoro;
- quali sono i canali per l'invio del curriculum e come usarli;
- in che modo proporsi; come le aziende cercano i dipendenti;
- i siti che possono fornire informazioni utili;
- cosa occorre comunicare e in quale modo;
- come personalizzare la propria ricerca e... ...tanto altro.

Davide Marino è laureato in “Filosofia” e in “Scienze e Tecniche Psicologiche” presso l’Università degli Studi di Pavia. Dopo aver maturato significative esperienze in ambito socio/educativo, ha cominciato a collaborare come consulente di orientamento e formatore con enti pubblici, privati e aziende. È autore del blog “Il tuo lavoro! Metodi per trovarlo”, da cui è nata l’idea del libro.
Il manuale è disponibile in formato cartaceo e a breve in digitale. 
Primula Editore offre la pubblicazione non solo nel formato cartaceo, ma anche in quello digitale (ebook), attraverso i più noti e frequentati siti di distribuzione editoriale online, tra cui Amazon, Apple, Google Books, Shop.it, IBS Libri, Wuz Store e Webster.it.
Una nuova realtà editoriale già al lavoro su altri libri, alcuni dei quali saranno anticipati nel corso della presentazione in programma appunto venerdì 21 giugno a Stradella

martedì 14 maggio 2013

COSA POTREBBE ACCADERE SE TUTTO ANDRA' PER IL MEGLIO?

Ecco una domanda sovversiva: "cosa potrebbe accadere se tutto andrà per il meglio?".
Ebbene si!, avete cercato, avete trovato, fra poche ore andrete ad iniziare il vostro nuovo lavoro...si, si, finalmente!..uh...ma qual'è? Di cosa si tratta?.
Guardatevi indietro. 
Come lo avete trovato? Come vi siete proposti? Perchè proprio quello? Cosa vi ha attratto dell'inserzione? Perchè hanno selezionato proprio voi? 
Fate finta di esserci riusciti; magari prendendo spunto da quella volta che ce l'avete fatta e chiedetevi: "cosa è successo in tale circostanza?". Questa domanda può aiutare a definire le proprie strategie per raggiungere ciò che ci si era prefissati; infatti, spesso, provando a pensare di aver già raggiunto l'obiettivo è più facile dare forma, definire, ciò che cerchiamo -e come cercarlo-. Non sarà, quindi, solo un'idea ma -ora- qualcosa di tangibile mentre se, di contro, non definiamo chiaramente la cosa, come potremo far capire (e capire, noi stessi) cosa vogliamo?

Spesso gettiamo il nostro cv nel mare della ricerca senza aver riflettuto abbastanza su: cosa cerchiamo, cosa vogliamo, chi siamo. Lo so, sembrano sempre le solite domande scontate (ma poi ce le facciamo davvero?), è però importante definire cosa accadrà durante il tragitto compiuto per il raggiungimento dell'obiettivo. Definite, allora, quali saranno i passaggi basilari dell'attività di ricerca: dalla scelta dell'obiettivo da raggiungere, il perchè di questo, definendo le varie fasi che farete per muovervi. Fatelo in pochi passaggi, partendo dal primo passo compiuto sino alla fine (7-10 passaggi al massimo).

Per esempio. E' come se foste degli scalatori appena arrivati sulla cima di una montagna che, volgendo lo sguardo di sotto, iniziano a chiedersi come sono riusciti nell'impresa. A partire da ciò, cosa potreste domandarvi per comprendere quale strategia vicente è stata impiegata? Magari, partendo da dove avete messo le mani come prima mossa, su quale roccia, poco per volta, per arrivare fin là, in vetta. Allo stesso modo, nella ricerca di lavoro, dovremo chiederci quali passi abbiamo compiuto per riuscire: dal primo movimento compiuto per partire,  poi chiedendoci: "cos'altro abbiamo fatto per raggiungere la meta?". Allora, credo, potremmo definire il tragitto e, al contempo, l'obiettivo.
Un proverbio magrebino diceva più o meno così: "le carovane viandanti seguono un'utopia, non è importante se la raggiungeranno, l'importante è che abbiano l'utopia da seguire"; chissà, magari viaggiando verso la nostra utopia andremo a definirla meglio, poi -forse- non  sarà più solo...un'utopia: penso, infatti, che immaginare di aver già raggiunto ciò che desideriamo possa contribuire a (ri)formularlo più chiaramente.
A presto!

mercoledì 1 maggio 2013

UNA DOMANDA IMPORTANTE: "COME STO?"

Eccoci dunque a parlare di domande, perchè porle è un atto naturale del bilancio delle competenze. In molti questionari di questo tipo troverete: schede, spunti, frasi da completare per stimolare ciò che pensate di voi stessi e del contesto in cui vi trovate; il tutto per indurvi a riflettere, dare nomi alle capacità, riconoscervi. 

Partiamo, oggi, con le seguenti, dure, domande: "Come state nella vostra attuale condizione di ricercatori di lavoro?" "come avete affrontato i cambiamenti in passato?", "e oggi....?". 
Questi quesiti sono a monte del bilancio delle competenze e riguardano il domandare -purtroppo a volte anche doloroso- circa la situazione di disoccupazione che si sta vivendo. Sovente le persone si sentono sole, abbandonate, dimenticate, rifiutate, avvertono uno strascico silezioso di vergogna per la condizione in cui vengono a trovarsi. Oggi, nonostate sia risaputo che la disoccupazione o inoccupazione colpisce milioni di persone, la si vive spesso come dramma privato. Quello che occorrerebbe fare è reagire (se appena è possibile e si riesce, senza sentirisi in colpa se non ce la si fa), perchè la flessibilità del mercato in cui oggi ci troviamo porta ad un continuo entra ed esci dai luoghi lavorativi -a volte più esci che entra, purtroppo- e spesso non dipende dalle nostre capacità lavorative. Questo lo sanno anche le aziende che sono ormai disposte ad assumere persone di tutte le età, perchè consapevoli del fatto che  in giro ci sono persone preparate, competenti e serie alla ricerca di un'occupazione. Vorrei quindi ribadire -per l'ennesima volta- che c'è sempre la possibilità di rientrare nel mondo del lavoro!
Apro una parentesi. Credo che, tra i tanti motivi per cui ci sentiamo spesso spiazzati e feriti dalla nostra situazione di disoccupati, una ragione riguardi il fatto che ci portiamo ancora dietro un sentire che sino a pochi decenni fa dava, alla condizione di essere senza lavoro, un senso di colpa indelebile, come condizione sospetta: uno entrava da giovane andando diretto alla pensione, stabile, nello stesso posto, rimanendo per decenni  nella medesima situazione occupazionale. Se dai vent'anni anni circa di età non avevi un lavoro però erano guai, difatti chi si trovava senza occupazione, e non stava studiando, era guardato con sospetto, apparendo come persona poco seria ed ancor meno affidabile; per dirla con il dialetto delle mie parti "l'era un lavura no!" (identificando con queste parole l'atto del lavorare con la stessa e completa identità della persona). Se poi il lavoro lo si perdeva...non ne parliamo! 
Non doveva essere giusto etichettare le persone allora, dato che le motivazioni di disoccupazione potevano essere molteplici figuriamoci oggi, dove molto spesso la causa può riguardare mille ragioni sulle quali non possiamo agire, vuoi per un mercato che si presenta estremamente labile e flessibile, vuoi perchè magari abbiamo deciso di cambiare vita e dopo un po', quello che stavamo facendo prima, adesso ci va stretto.

Detto questo, credo che analizzare la causa della propria disoccupazione possa servire: per capire se abbiamo superato l'evento e se siamo alla ricerca di lavoro con convinzione; oppure, se stiamo cercando ma non troppo, perchè un occhio lo diamo ancora al nostro vecchio posto di lavoro (magari perchè siamo in cassaitegrazione o il nostro vecchio datore di lavoro ci ha dato qualche flebile speranza di essere riassorbiti); oppure, ancora, perchè non intendiamo cercare altro finchè non troveremo un lavoro uguale a ciò che abbiamo perso. Occorre comprendere in che fase siamo e perchè ci stiamo comportando in un modo o nell'altro, più ci sarà chiaro più avremo idea di qual'è la nostra convinzione ad agire. Le motivazioni poco fa addotte sono tutte apparentemente valide e plausibili, anche se a volte nascondo insidiosi "autoinganni" che vogliono far restare le cose come sono, negando la realtà dei fatti. Inoltre, occorrerà ricordarsi che cambiare lavoro può far emergere paure legate al cambiamento, alcune possono essere reali mentre altre risultare enfatizzate dalla percezione del momento, poichè pongono possibili modifiche dell'immagine che abbiamo di noi, della nostra idea di storia famigliare (soprattutto in rapporto con chi ci ha preceduti), delle nostre abitudini che, come dice la parola stessa, sono abiti che indossiamo quotidianamente e smetterli, da un giorno con l'altro, è parecchio dura.
Per riflettere sul momento di separazione dal lavoro occorrerà ricordarsi, tenendo la barra dritta, che oggi è oggi, e che ci sono logiche differenti rispetto al prima, uniche. Del passato, nell'analisi della nostra situazione attuale, dovremo però tenere conto del fatto che se abbiamo superato delle difficoltà, queste potrebbero esserci utili per capire che equipaggiamento abbiamo per fronteggiare le problematiche attuali perchè, scoprendo le strategie che abbiamo messo in campo tempo fa, potremo trovare suggerimenti per delle possibili attuali soluzioni. Oggi è oggi, dicevamo, però noi abbiamo strumenti coltivati dalla nostra esperienza pronti all'uso. Allora, potrebbe essere utile domandarsi: "come ho risolto quella volta il problema?","c'erano delle analogie con oggi?"; "quali?"."sono ripetibili?". Potrebbe venir fuori, per esempio, sempre in riferimento alla ricerca di lavoro, che quella volta avevamo messo in campo un certo tipo di tenacia, delle conoscenze amiche utili per proporci e tanto e instancabile passaparola...

Come potete vedere, l'argomento "cambiamento" è, qui, appena accennato, ma ci torneremo perchè è importantissimo e non va trascurato. Jung diceva più o meno queste parole (lui, riferendosi al  tipo di psicoanalisi che voleva adottare in rapporto all'inconscio; noi, solo al fatto che occorre ragionare sulla nostra condizione, come abbiamo affrontato le difficoltà e, sopratutto, come le abbiamo superate): "per far crescere il nostro albero forte e rigoglioso verso il cielo dobbiamo far sprofondare le nostre radici fino all''inferno" Un po' drastico, forse, però rende l'idea. 
A presto!

giovedì 11 aprile 2013

BI-LANCIAMOCI

A questo punto, facciamo un passo dentro il bilancio delle competenze.
Le domande che vengono proposte, solitamente, sono costruite per sviluppare riflessioni sulla vita professionale e ciò che ci sta attorno, definendo -così - quello che si vuole (o non vuole),  in modo da aumentare il grado di consapevolezza circa le scelte da fare: quando occorrerà sviluppare un metodo di ricerca di lavoro.
"Perchè è importante per il lavoro?", verrà a molti la tentazione di chiedere. Una possibile risposta può essere: "perchè ragionando sulle proprie attitudini e motivazioni si scoprono molte cose, quali: - come abbiamo scelto in passato; - come ci siamo proposti; - cosa abbiamo tralasciato;  - come comunicare meglio se stessi;   - perchè abbiamo scelto e in che modo".

E' faticoso fare un bilancio, lo anticipo, perchè occorre mettersi in gioco e riflettere accuratamente. Non tutti hanno voglia di cimentarsi perchè ritengono la cosa "un di più", una perdita di tempo, anzichè inviare direttamente alle aziende per proporsi. Ma la realtà è che facendo così, cioè rispondendo senza riflessione, la candidatura viene smussata -e di molto- nelle sue potenzialità.
Un po' provocatoriamente potrei chiedere:
-Vi è mai capitato di  rispondere ad un'inserzioni lavorativa, non perchè avete già svolto "quel lavoro" richiesto dall' annuncio, ma perchè possedete una manualità potenzialmente utile in quella situazione? Svolgete, per caso, delle attività analoghe come hobby? Il lavoro proposto è vicino a casa? Se queste tre cose che ho appena detto vengono rese chiare -a se stessi e al potenziale datore di lavoro-, in taluni casi possono essere determinanti per l'assunzione...ma quanti lo fanno?
- Sapete "bene bene" quali sono le vostre competenze tecniche e quali quelle trasversali? Ogni competenza posseduta potrebbe essere un nuovo potenziale lavoro? Ma quale? Ci avete mai pensato? (per esempio: aggiustare una bici, tenere in ordine un giardino, gestire un cane, fare pulizie, negoziare, avere pazienza).
- Chi di voi ha mai fatto -con il compasso- un cerchio per determinare quale diametro potrà avere la propria ricerca (definendo quanti chilometri potrà al massimo fare per andare al lavoro)? E'un ragionamento concretissimo su quanto, per esempio, sarà il budget di spesa al giorno; chiarendovi così anche quanto dovrete guadagnare "per starci dentro". 
Sapete, in passato mi è capitato di vedere numerose risposte ad inserzioni dove le candidature erano effettuate via email a centinaia di km dal luogo di lavoro e, una volta contattata la persona, questa rifiutava perchè troppo lontana; allora veniva da chiedersi: "ma perchè hai risposto se poi non avevi intenzione di muoverti nemmeno per fare il colloquio?" (il bisogno di lavorare, che è palese e comprensibile, a volte fa  rispondere senza criteri ponderati!).
- Ci è sempre chiaro -e poi finisco con questi esempi presi un po' a casaccio- cosa è cambiato nel nostro modo di scegliere un lavoro rispetto al passato?

Ecco, a questi come a tanti altri quesiti si cerca di dare forma -e risposta- attraverso il bilancio.
Nel prossimo post andremo a vedere alcune domande importanti.
A presto!

lunedì 1 aprile 2013

UN BILANCIO CREATIVO

Com'è noto il processo di orientamento è costituito da un insieme di attività proposte per facilitare il processo decisionale.
I suoi oggetti, riferiti all’utente, sono:
-favorire la consapevolezza di sé e delle proprie risorse (attitudini, interessi, esperienze, conoscenze, capacità);
-la conoscenza del contesto in relazione agli obiettivi della persona;
-favorire la definizione di un progetto professionale o formativo mediando fra obiettivi della persona e realtà oggettiva.

Una parte significativa del percorso di orientamento è il bilancio delle competenze <1>  personali. Questo consiste in un'analisi realistica di quali siano le capacità del soggetto, -ovvero come e quando si esprimano al meglio-, e si sviluppa in un percorso che deve permettere di focalizzare il progetto professionale/scolastico attraverso l’analisi sistematica delle caratteristiche personali, condotta con l’utilizzo di colloqui, materiali strutturati quali test e/o schede di autoanalisi.
In queste attività si analizzano, nella persona, in particolare: -Conoscenze; -Competenze; -Motivazioni; -Aspettative.

Come suggerisce il sito web "jobtel" (all' indirizzo: http://www.jobtel.it/bilancio-di-competenze/), il bilancio delle compentenze ha le seguenti funzioni:

-  definire le esperienze professionali e personali;
- valorizzare le competenze legate al mondo del lavoro e della formazione;
- definire le conoscenze e attitudini;   
- scoprire le potenzialità inespresse;
- raccogliere e ordinare gli elementi che permetteranno di elaborare un progetto professionale o personale;
- gestire al meglio le proprie risorse;
- individuare le priorità personali e professionali;
- utilizzare al meglio le proprie competenze nella negoziazione per la ricerca di lavoro.

Tutto questo si realizza e sviluppa, generalmente, in tre fasi.

La prima, svolgendo un’analisi dei bisogni specifici e del motivo che ha portato alla richiesta.  
La seconda, esplorando il potenziale della persona.  
La terza, confrontando le informazioni ottenute con il progetto in essere, gli interessi, le motivazioni, la visione futura ecc. così da supportare l’utente nella scelta e/o chiarificazione di aree personali inerenti al proprio progetto.
(In realtà, esistono numerosi bilanci e altrettanti modi di proporlo ed affrontarlo; tecnicamente, entrando un attimo nel dettaglio, esistono altre fasi -sia intermedie che conclusive- utili a fornire output dei risultati).

Fatte queste premesse, nel prossimo post entremo nel "fantastico mondo" del bilancio delle competenze perchè -mi pare- ad oggi in Italia è spesso terribilmente sottovalutato, raffazzonato e poco praticato, se non nell'orientamento...ma anche lì non è che se la passi troppo bene :-( ...
In conclusione, fare un buon bilancio delle competenze -a mio avviso- è la tappa iniziale di un percorso orientativo capace di sorprendere l'interessato, supportarlo nella chiarificazione e nello sviluppo di idee, generare empowerment.
Vedremo come, a presto!
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<1> Per Approfondire l'argomento "bilancio delle competenze" potete visitare i seguenti siti:
- www.jobtel.it
- www.orientamento.it
- www.trovareillavorochepiace.it
 


domenica 24 marzo 2013

PERCHE' TUTTE QUESTE DOMANDE?


Credo nella domanda come motore di cambiamento! Non solo ad essa, ovviamente -mi interessano anche le risposte :-)...-ma quello che purtroppo spesso manca in una buona ricerca di lavoro (almeno così mi pare) è la disponibilità a porre/si questioni nuove. Nel senso che partiamo cercando ma non chiedendoci: cosa è "giusto" fare; come fare; cosa dire; come dirlo; perchè comunicare o perchè non comunicare una determinata cosa; cosa è cambiato, cosa non è cambiato...ecc.
  
Entriamo un po' più nel vivo della questione.
Andare alla ricerca di lavoro, con la disponibilità a mettersi in discussione su quello che crediamo di sapere del mercato del lavoro, spesso è determinante per il successo della nostra impresa perchè non è così scontato il passaggio da "cerco lavoro" a "mi propongo per lavorare". Sovente poi, putroppo, l'esperienza pregressa entra a gamba tesa nelle attività contingenti, costringendoci a replicare azioni che in passato ritenevamo buone (e forse lo erano) ma che potrebbero non esserlo più con quello che c'è ora.

Oggi, rispetto ai decenni precedenti, occorre cercare tramite nuovi canali di ricerca, per esempio. Oggi, rispetto al passato, si guarda molto di più alle motivazioni ("perchè si propone?", viene chiesto). Dobbiamo quindi chiedere-chiedere-chiedere (a noi stessi e, anche, ai nostri interlocutori: quando è possibile e ce lo concedono) perchè se non lo facciamo limitiamo la nostra attività.
Il mercato del lavoro e la ricerca si spostano di continuo su nuovi campi (tecnologie, competenze, idee) e per questo dobbiamo domandare sul cambiamento, senza dare per scontato.

Chiedere genuinamente– e non retoricamente - il senso delle cose è forse uno dei primi passi per aprirsi verso il mondo dell’altro, della ricerca, del cambiamento. Sostenere l’interrogativo aiuterà nella comprensione, contribuendo ad assumere nuovi scenari arricchiti di dettagli.

Vogliamo fare qualche esempio concreto?
- Spesso le persone che ricercano non si sono preventivamente chieste almeno una delle seguenti cose: cosa cercano; cosa sanno fare, cosa vorrebbero fare; come potrebbero entrare in relazione con l'azienda x; perchè dovrebbero essere assunte; perchè le aziende non rispondono alle inserzioni (attenzione alla tentazione di darsi delle risposte preconfezionate!); perchè le aziende cercano sempre e non prendono mai (o poco); perchè le aziende non cercano; come posso differenziarmi dagli altri?; in cosa dovrei, invece, uniformarmi...e tanto altro.

- Sovente si da per scontato che un ruolo/una masione è "in ogni luogo della Terra" uguale...ma ne siamo proprio sicuri?

Diceva Oscar Wilde: “chiunque può dare risposte; ma per fare domande ci vuole un genio". 
A presto!

lunedì 18 marzo 2013

...E SE FOSSI UN DOGSITTER?...

Facciamo finta di essere un dog-sitter che vuole farsi conoscere sul territorio, per attivarci in modo coordinato potremmo utilizzare il modellino che ho proposto nei post precedenti facendoci le seguenti domande:

1°) DOVE VOGLIO ARRIVARE?

Voglio farmi conoscere da persone che hanno animali: come professionista che si occupa di dogsitteraggio.

2°) CON CHI AVRO’ A CHE FARE?
- Negozi di animali e toelettatura;
- Veterinari;
- Privati.


3°) COSA VORREI DIRE?
Tutti devono sapere che posso badare ai cani sia infrasettimanalmente che durante i week end, anche nel periodo estivo.

In particolare:
- Ai negozi di animali, ai veterinari ed ai centri di toelettatura voglio far sapere che possono prendermi come punto di riferimento. Sono un amante degli animali -serio ed affidabile-. Se mi propongono faranno bella figura con i loro clienti;
-Alle persone che hanno dei cani vorrei dire loro che amo gli animali, che ho già esperienza, che ho un costo accessibile; che possono stare tranquilli con me, ecc.


4°) COME FACCIO A TRASMETTERE IL MESSAGGIO?
- Ai negozi di animali e toelettatura: biglietto da visita; passaparola; telefonata, email;
-Veterinari: biglietto da visita; passaparola; telefonata per fissare un appuntamento, email, tramite altri veterinari (a partire da quello che segue il mio cane!).
-Le persone che hanno animali: inserzione su giornali, siti, biglietti da visita e locandine, passaparola.


Occorrerà segnare ogni invio (quando, dove, a chi); periodicamente verificare se è stato visionato dai destinatari.
Per ogni tipo di canale, vi rimando a ciò che è stato detto nei precedenti post.
A presto!
Davide

domenica 24 febbraio 2013

COME USARE CONCRETAMENTE IL MODELLO. SE FOSSI...


Ora, facciamo alcune simulazioni concrete, saranno utili a fornire indicazioni sul metodo.  
Partiamo con un esempio di ricerca di lavoro.
Sono un operaio che si è occupato per 15 anni di produzione, in ambito tessile, alla ricerca un nuovo lavoro.

1°) DOVE VOGLIO ARRIVARE?  
Farmi assumere da un’azienda individuata a 15 minuti da casa, è nello stesso ramo da dove provengo; ho letto su un articolo di giornale che assumeranno.

2°) CON CHI AVRO’ A CHE FARE?
- L’impiegata dell'azienda che raccoglie i curriculum direttamente;
- L’impiegata dell’Agenzia per il lavoro che presta la manodopera a quell’azienda; 
- L’impiegata della cooperativa che ha soci-lavoratori nell'azienda;
- L’operaio Mario che conosco da anni. Lui, a sua volta, conosce il capo reparto al quale devo assolutamente far arrivare un mio curriculum.

3°) COSA VORREI DIRE?
-Alle impiegate: il lavoro che ho fatto in precedenza; cosa vorrei fare nell’azienda; che abito vicino; le motivazioni che ho; cosa posso portare (in termini di competenze, capacità, esperienza). Inoltre, se queste impiegate lavorano presso enti che prestano manodopera sul territorio potrebbero informarmi di altre opportunità: sarà quindi utile farmi conoscere in modo approfondito e rilanciare sulla disponibilità per altre proposte.
-Mario, deve sapere che sto cercando e che potrei ricoprire diversi ruoli professionali. Se, ora, in quell'azienda non c’è posto come operaio, potrei fare anche dell’altro dato che in passato sono stato anche addetto alle pulizie e magazziniere. Infine, gli direi che mi farebbe molto piacere il suo aiuto perché….(non diamo per scontato nulla...).

4°) COME FACCIO A TRASMETTERE IL MESSAGGIO?

-Alle impiegate invio il mio curriculum e la lettera di presentazione (a seconda delle indicazioni: via email, fax, telefonando per accertarmi in che modo recepisco le candidature, tramite posta ordinaria, vado di persona). 
- A Mario lascerò il mio curriculum cartaceo e la lettera di presentazione, da consegnare al capo reparto.

 
Mi chiederei poi: “in che modo possono essere notate le mie candidature”?
- Le impiegate saranno a contatto con clienti e fornitori, quindi potrei verificare se fra questi ci sono persone che conosco e che potrebbero presentarmi all'azienda.

Nel prossimo post faremo un 'altra simulazione.
A presto! 

martedì 19 febbraio 2013

QUARTO PASSO. COME TRASMETTERE IL MESSAGGIO DI RICERCA

Ogni messaggio può essere trasmesso da uno o più strumenti. Alcuni ospitano informazioni a vari livelli, ma non esiste uno strumento che veicola -sempre e comunque- in modo totalmente esaustivo tutto ciò che vogliamo dire (rimando ai precedenti post: "chi ben comunica", "comunicare il proprio valore" e i "canali per trovare lavoro").
L'obiettivo che dovremo porci, per comunicare efficacemente ai nostri interlocutori, sarà quindi quello di coniugare target, messaggi e strumenti per candidarsi; in modo da calibrare la propria ricerca.
Lo strumento di comunicazione è il veicolo che si usa per portare il messaggio al destinatario (target). Anche il destinatario, come abbiamo visto nei post precedenti, emette messaggi di risposta (feedback); quindi, anche non ottenere una risposta "è una risposta" e potrebbe voler dire -tacitamente- che qualcosa non è andato per il verso giusto, per esempio: che la candidatura non va bene; che l'azienda non ha bisogno di personale; che non ha capito cosa il candidato sa fare; che non ha ancora visto il curriculum ecc...
Occorrerà studiare bene i propri destinatari per comprendere:
- come reperiscono le candidature (email, fax, a mano, ecc.);
- chi analizzerà i curriculum (impiegata, responsabile, recruiter ecc.);
- quali sono le tempistiche del processo di selezione (tre giorni, un mese; ...sei...).

Concretamente.
Occorre scegliere i canali giusti per proporsi.
Se ci pensiamo bene, per reperire candidature ogni posto lavorativo predilige uno o più canali -questo per la propria storia, per abitudini consolidate, una certa forma mentis, opportunità-.
Domandiamoci: "il posto che sto cercando di contattare quali canali ha scelto di utilizzare?".

Nel prossimi post affronteremo degli esempi, declinando il modello proposto in possibili ricerche di lavoro.
A presto!

mercoledì 13 febbraio 2013

TERZO PASSO. "COSA VOGLIO DIRE": IL TATTO NON E' SEMPRE COSI' CHIARO


Tempo fa, per alcuni corsi di formazione sulla comunicazione che dovevo tenere, preparai -tra le varie attività e riflessioni- anche un gioco finalizzato a dimostrare quanto è difficile recepire/trasmettere/tradurre le informazioni.
Al corso portai una scatola di vimini chiusa, con all'interno un pupazzo di peluche. Un volontario doveva toccare con mano il contenuto e descrivere alle altre persone presenti cosa sentiva, cercando ti indovinare cosa fosse presente nel contenitore. Volutamente passavo la scatola alla persona con molta delicatezza, lasciando -possibilmente- intendere che poteva esserci di tutto nel contenitore, anche qualcosa di vivo (mai dicendolo in modo esplicito); dichiarando che se voleva poteva anche non infilare la mano al suo interno. Questo fece si che, se le persone addentravano la mano, era con molta titubanza e, una volta percepito che dentro c'èra un qualcosa di morbido,  accadevano le seguenti cose: qualcuno sobbalzava -credendo di aver toccato un animale-; altri ridevano; c'era chi si buttava in interpretazioni un pò fantasiose; alcuni -poi- cercavano di descrivere la cosa ma con molta difficoltà.
Quello che cercavo di passare è che un messaggio (il contenuto) spesso viene frainteso per vari motivi (in questo caso, ad esempio, il mio modo di porre la scatola o il toccare con mano il contenuto senza poterlo vedere creava interpretazioni arbitrarie), di conseguenza: che non è così semplice comprendere a fondo la portata delle informazioni, anche quando sembrano chiare e semplici come il descrivere un oggetto dentro una scatola toccandolo solo con le mani.

In questo post vorrei trattare della difficoltà di comunicare se stessi (come professionisti). Anche su cose apparentemente chiare -almeno a noi stessi- come le nostre capacità, le motivazioni, gli interessi, le competenze può esserci fraintendimento e non ottenere l'efficacia sperata.
Perchè questo? Forse perchè, a volte, crediamo che il nostro interlocutore abbia presente ciò che profondamente vogliamo dire, lo diamo per scontato e non essendo così, poi, ne paghiamo il prezzo,  magari non venendo presi in considerazione nella selezione dell'impiego interessato. Proprio per questo motivo, in questo terzo passo, vorrei spingere a focalizzare cosa realmente e profondamente vogliamo comunicare nella nostra ricerca (il nostro contenuto), cercando le parole giuste -ovvero, efficaci!-. 
Se lo faremo sarà più facile essere compresi e, quindi, apprezzati e spendibili.

"COSA VOGLIO DIRE?"
L' obiettivo consiste nel definire i messaggi che vogliamo inviare, ricordando che i destinatari della nostra ricerca di lavoro sono interessati solo ad alcuni messaggi, perchè ogni target (bersaglio/azienda)  ha bisogno di un linguaggio accurato che trasmetta valori, bisogni, competenze specifiche. 

Per esempio.
Quando scriviamo ad un selezionatore x per candidarci per il ruolo di impiegato di una multinazionale farmaceutica -non conoscendo la persona- probabilmente dovremo utilizzare un certo grado di formalità fornendo informazioni sulle nostre competenze impiegatizie. Se, invece, ci proporremo in un negozio di giocattoli, potrà essere utile far venir fuori il nostro interesse per il settore, magari facendo capire la nostra capacità nel relazionarci sia con gli adulti che con i bambini. Se ci candideramo in una concessionaria di auto, in qualità di  meccanico, parleremo delle conoscenze tecniche x, degli aggiornamenti nel settore, ecc. Infine, -sempre per esempio- se andremo a proporci presso un ristorante di cucina orientale faremo capire i piatti che sappiamo cucinare del paese xxx ecc.
Ora, proviamo a “mischiare” le cose. Se andassimo dalla concessionaria a parlare di piatti orientali oppure nella multinazionale a dire quanto adoriamo i bambini forse non otterremo l'attenzione che avremmo sperato. Sembra strano, ma molto spesso facciamo un po' così, sovente -infatti- siamo un po' grossolani nel rispondere alle inserzioni non rendendoci conto che diciamo cose non sempre su “misura”. Cioè, capita di inviare i curriculum frettolosamente, senza badare al fatto che dove ci candidiamo le persone potrebbero necessitare di informazioni precise, mentre noi magari stiamo solo dicendo –e in modo standardizzato- cosa abbiamo fatto.
Dovremo quindi trasmettere il cv informando delle peculiarità che ci contraddistinguono a seconda di chi contattiamo, utilizzando un linguaggio chiaro ai nostri interlocutori. Se abbiamo interesse per il posto per il quale ci stiamo candidando diciamolo, e chiaramente.


Per concludere.
Il giochino presentato all'inizio del post, dimostrò quanto il tatto -che in genere usiamo meno di altri sensi- non fosse spesso in grado di fornire informazioni adeguate nel riconoscere l'oggetto "peluche". Non individuandolo, poi, subentrava paura (più volte mi fu chiesto, scherzosamente: "non ci sarà mica un serpente in quella scatola?".., era una domanda posta simpaticamente, quasi per essere rassicurati che non vi fosse. Il mio annuire con sorriso creava ancora di più il sospetto che, invece, potesse esserci veramente n.d.r.<1> ) e pertanto la comunicazione era già inficiata in partenza.
 

Se vogliamo comunicare per una nostra possibile candidatura dovremo quindi cercare di non spaventare, confondere o essere grossolani. Dovremo inviare messaggi chiari, sintetici e precisi.
A presto!

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1> Sulle dinamiche della comunicazione ed i suoi paradossi si veda G.Bateson, Verso un ecologia della mente, Adelphi, 1977. In particolare il tema del doppio legame,  paradosso per cui il segnale comunicativo diventa contradditorio.

sabato 9 febbraio 2013

IL SECONDO PASSO. SI MA...CON CHI AVREMO A CHE FARE?


Se nel primo "passo" ci siamo dovuti interrogare su chi siamo e cosa vogliamo -non che sia facile, e immediato, però è dalla conoscenza di sè che occorre partire per svolgere una buona ricerca...-ora concentriamoci sul nostro interlocutore.

"CON CHI AVRAI A CHE FARE?"
Siamo sicuri che quando inviamo il nostro curriculum all'azienda X, questa sia sempre disponibile ad "abbassarsi" (o ad "alzare lo sguardo ") e leggere il cv perchè glielo inviamo noi? Putroppo non è sempre così, mica per altro, spesso le agenzie sono oberate di lavoro ed i cv arrivano giorno e notte; nelle aziende posso passare di mano in mano per arrivare sulla scrivania dell'impiegata di turno che -se l'azienda sta cercando personale e altre variabili non trascurabili-,  quando va (molto) bene, magari lo lascia al datore di lavoro; via email posso finire negli spam o tra i tanti cv inviati; via fax finire tra i vari fogli non attesi accantonati in attesa di achiviazione ecc. Per ogni problematica circa l'efficacia del proprio modo di candidarsi bisogna trovare un alternativa virtuosa che "scavalli" il problema. Se dopo un pò tot di tempo inviamo dei cv non si ottengono dei  risultati occorre, naturalmente, modificare qualcosa.
Detto questo, di certo non voglio dire che non bisogna proporre la propria candidatura usando mezzi tradizionali, occorre però fare alcuni accorgimenti e mirare bene a quello che è l'obiettivo, capendo le abitudini e modalità del nostro potenziale interlocutore nel reperire candidature. Per scoprire dei dettagli importanti puoi guardare il sito aziendale, leggere articoli dai giornli, chiedere alla rete di conoscenze delle informazioni e così via (pensa tu come ottenere più dritte).
Il suggerimento, che fa parte dell'argomento del post, consiste nel definire quale sia il proprio destinatario e chiedersi quali peculiarità ha, cioè: occorre comprendere il target. Domandati: è azienda? Negozio? Cooperativa sociale? Profit? Sono conoscenti? Non consci nessuno come link? Quali età hanno gli interessati? Quali abitudini? Quali peculiarità? Cosa trattano? ecc. 
Chiediamoci poi, quali argomenti potrebbe essere accattivante trattare nella lettera di presentazione per accendere l'attenzione su si noi?
Occorre segmentare i target ai quali si comunica attivando una comunicazione differente per ogni tipo di destinatario. Ricorda: "non siamo tutti uguali!".  
Ad esempio. Se ti proponi ad un'azienda alimentare di cinquanta persone, con una storia trentennale alle spalle, sarà ben diverso che portare il curriculum al negozio di paese con al suo interno una persona che gestisce tutto. Dovrai pensare a come parlare alle due realtà, e in modo differente, per essere ascoltato. Ti calibrerai in modo mirato per farti comprendere al meglio. Questo vale per tutti i disparati posti in cui stai andando a presentarti, ogni luogo sarà da analizzare per capire come proporsi al meglio.

Dimentica la parola “chiunque”: ogni target ha un linguaggio e va compreso ed utilizzato al meglio.
A presto!

domenica 3 febbraio 2013

IL PRIMO PASSO...DI QUATTRO


Eccoci, finalmente entriamo nello specifico del metodo, argomentando da vicino cosa possiamo rispondere alle domande proposte alla fine del post precedente.
Successivamente, una volta volta argomentate tutte e quattro, cercherò di declinare le domande di questo piccolo - e spesso sottovalutato- modello, calandole in casi concreti.

Iniziamo.
La domanda: "DOVE VOGLIO ARRIVARE?" pone le basi per una riflessione di chi siamo e, conseguentemente, cosa vogliamo.
Facciamo un passo indietro. E' noto che le attività di orientamento hanno, tra le altre cose, i seguenti oggetti: favorire la conoscenza di sé nella persona (attitudini, interessi, esperienze, conoscenze, capacità); svolgere un'attenta analisi della realtà che avvolge ciò che professionalmente ci interessa, e che potremmo chiamare "conoscenza del contesto di riferimento" in relazione agli obiettivi posti; successivamente, si andrà a supportare la persona nella definizione di un progetto, professionale o formativo, mediando fra obiettivi della persona e realtà oggettiva.
Detto questo, se ragioniamo sul "DOVE VOGLIO ARRIVARE" dovremo soffermarci, innanzitutto, su quale cosa/e vogliamo veramente, cioè: identificare l’obiettivo da raggiungere.

Se, per esempio, vorremo essere assunti dalla azienda X, dovremo chiarirlo a noi, perchè così facendo sarà molto più facile comunicarlo, poi, all'azienda. Non dovremo dare per scontato questo aspetto e, sopratutto, non dovremo sparare a casaccio se il tipo di lavoro ci interessa veramente. Prendesti uno che si candida nella tua azienda "tanto per"? Se ti candiderai "tant per" lo si vedrà e sentirà (che dire, poi, ogni tanto va a buon fine anche la candidatura "tanto per", ma non possiamo certo indicarla come metodo scientifico raccomandabile...).
Vale la massima: “Non è utile partire se non si sa dove si vuole andare”.

Diceva "conosci te stesso" la massima iscritta sull'Oracolo di Delfi e, se la accostiamo alla celebre frase socratica "so di non sapere", possiamo trovare due preziose indicazioni di come potremmo muoverci: per scoprire cosa realmente stiamo cercando e, magari, afferrare cosa vogliamo.
Un'utile strumento per comprendere ciò è il bilancio delle competenze, spesso parte integrantedel percorso di orientamento, ovvero: l'analisi realistica di quali siano le capacità del soggetto, come e quando si esprimano al meglio. In questa attività si analizzano nel particolare: -Conoscenze; -Competenze; - Motivazioni; - Aspettative.
A presto!

giovedì 24 gennaio 2013

CENTRARE IL BERSAGLIO...DOVE, CON, COSA, COME


Comunicare le proprie competenze. 

Ora, fatte le giuste premesse sulla comunicazione “intersoggettiva”,  definiamo concretamente cosa occorre per  svolgere un'efficace campagna di ricerca di lavoro.
In prima battuta, come nei passaggi precedenti mi ostinavo a propinare, dobbiamo farci delle domande specifiche. Serviranno a definire il proprio piano di sviluppo.

Chiediamoci, ognuno per sè: “sono chiaro quando mi propongo?”, "la gente che ho attorno capisce cosa sto cercando?”, “sa cosa so fare?”. Non diamo mai per scontato che la gente sappia. Purtroppo questo aspetto è molto sottovalutato, spesso crediamo di essere dei libri aperti più di quanto -in realtà- siamo. Quante volte le persone che cercano lavoro si sentono dire: “averlo saputo prima! C’è un mio amico che cercava del personale ma ora è a posto” oppure “credevo volessi fare l’impiegato, dato che hai fatto sempre quello, davvero ti interessava il posto di magazziniere?”…e si potrebbe andare avanti all’infinito.

Proprio per evitare che accadano queste cose, come dicevamo, occorre calibrare il modo di comunicare, a seconda di chi vogliamo coinvolgere.

A questo punto vorrei proporre un modello per attuare una ricerca con metodo, utile a definire gli obiettivi su dove e come inviare la candidatura, dando un occhio anche sul tipo di calibrazione da mettere in atto. 

Muoviti così.
Per prima cosa, leggi le quattro domande presentate qui sotto  (successivamente -nei prossimi post- verrano commentate, una ad una, e verranno proposti dei casi concreti). In seconda battuta,  prova a rispondere, calibrandole sulla tua riceca.

Ecco le quattro domande:

1°) Dove voglio arrivare?

2°) Con chi avrò a che fare?

3°) Cosa voglio dire?

4°) Come trasmetto il messaggio?

Immagino che proposte così, su due piedi,  le domande non saranno molto esaurienti su cosa dovremo fare. Non  preoccuparti, andremo a definire -per ogni quesito- i passi da muovere. Per ora, limitiamoci a pensare come abbiamo cercato ad oggi e se abbiamo mai ragionato su come ci muovevamo per centrare il nostro bersaglio (lavoro).
 A presto!
 

domenica 6 gennaio 2013

AH!!!...ORA HO CAPITO! (SAPER ASCOLTARE)

  SAPER ASCOLTARE

Per essere buoni comunicatori -in questo caso, buoni ricercatori di lavoro- occorre imparare ad ascoltare attentamente. Sarà quindi molto utile saper analizzare in che modo ci sintonizziamo con le altre persone (e aziende): capendo chi si abbiamo di fronte e cosa sta cercando di comunicarci.

Se mi sento ascoltato e capito, instauro con il mio interlocutore vicinanza e complicità. Ascoltare, per quello che intendo, non vuol solo intendere il “
sentire” -cioè ascoltare in modo superficiale- ma “comprendere” -e con questo termine qui intendo "il saper afferrare profondamente, e con forza cosa, ciò mi viene detto da chi ho di fronte"-. Si tratterà, quindi, non solo di ascoltare con le orecchie, ma di saper ascoltare con lo sguardo, ascoltare con pazienza, ascoltare con umiltà...ascoltare...ascoltare...ascoltare.
Tornando alle nostre ricerche di lavoro credo che questo tipo di ascolto sarà la vera benzina delle nostre attività di ricerca. Se ascolterò bene, prima di avanzare le mie proposte, avrò maggiori chance perchè sarò in grado di cogliere l’attimo giusto e le modalità più efficaci della situazione, in quanto -spesso- saranno suggerite direttamente dal mio potenziale interlocutore dato che capita sovente che l'azienda, tra le righe, nel porre domande suggerisca anche delle possibili soluzioni.

Dall’ascolto provo a “distillare” quattro aspetti importanti: il feeling; la capacità di calibrare; la capacità di saper ricalcare; l’ascolto attivo (che, ovviamente, non è semplicemente "ascoltare").
n.b. Il mio intento non è di rivoltare come un calzino lo stile comunicativo di chi sta leggendo -anzi, è possibile ignorare questi spunti ed andare ad utilizzare solo gli aspetti più “pratici” del blog, ci mancherebbe-, credo però che occorra rendersi conto del fatto che, implicitamente, il fare un 'efficace ricerca di lavoro sia un'azione di "lettura" della realtà circostante, proattivandosi di conseguenza, imparando quindi a comunicare al meglio se stessi.

1)
Il "Feeling" è la capacità di comprensione del mondo altrui, di condivisione ed accettazione della percezione dell’altro e della sua realtà. Occorre una certa abilità a “creare” una nuova realtà comune, che sia un'integrazione delle differenti realtà “individuali”. Feeling è sentire l'altro per quello che è e, allo stesso modo, farsi percepire per quello si è.

2)
Calibrare” è la capacità di porsi con l’altro, aggiustando i propri comportamenti, riuscendo ad entrare in relazione. E' comunicare stando attenti a chi abbiamo di fronte.
Due esempi.
Quando parliamo con un anziano, che magari non sente bene, cosa facciamo? Spesso si parla ad alta voce, vero? Scandendo le parole, magari utilizzando il dialetto, usando qualche espressione che possa farci intendere.
E se volessimo farci capire da un bambino di cinque anni? Non viene spontaneo fare una vocina più simile a quella che lui utilizza con noi per comunicare? Magari, usando anche parole che, in realtà, non esistono nel linguaggio comune. Ecco, dovremo fare altrettanto quando faremo ricerca di lavoro. Non dovremo fare la vocina, ovviamente, ma far si che il nostro linguaggio sia il più vicino a quello dell’azienda o della persona che dovremo “conquistare. Si dovrà, quindi, calibrare il modo di comunicare per far si che il nostro messaggio sia compreso -al meglio- .

3) “
Ricalcare” significa andare incontro al nostro interlocutore, entrando in relazione per stabilire affinità a livello inconscio, verbale e non verbale. Non si tratterà di imitare l'altro ma di “aderire al suo stile comunicativo” adattando i parametri comportamentali -postura, linguaggio, timbro di voce ecc-. Senza volerlo infatti, spesso, facciamo piccoli movimenti presi a prestito da chi abbiamo davanti: modifichiamo le nostre pause nel parlare, cambiamo accento, gesticoliamo... e così via.
Il tutto per facilitare la comprensione di ciò che siamo e diciamo.

4) “
Ascoltare attivamente”. Consiste nel saper leggere tra le righe della comunicazione, ciò avviene grazie ad un'ascolto attento e curioso: capendo, così, anche le emozioni che stanno all’interno dei significati prodotti.
Stando bene in sintonia con quanto ci viene raccontato possiamo capire quali sono i messaggi, a più livelli, di chi abbiamo davanti.

Veniamo ad un esercizio di "ascolto" nella ricerca di lavoro.
Prova a leggere bene l'inserzione di un'azienda e osserva ("ascolta"):
  • il linguaggio che utilizza;
  • come viene pubblicato l'annuncio;
  • le tempistiche dell'assunzione proposta;
  • individua se le richieste parlano di aspetti richiesti "preferibili" o "necessari" o "essenziali", a seconda capiremo se possiamo candidarci).
Prova ad approfondire la conoscenza di questo il più possibile, cioè, prova ad “ascoltare l'inserzione”!
Fai lo stesso con chi ti troverai di fronte ad un colloquio di lavoro.
Prova a non pensare solo quello che dovrai dire; vedrai che ti si chiariranno molte cose senza neppure avere bisogno di chiedere. Se si impara ad ascoltare quello che ci viene richiesto (modalità , richieste implicite, ecc.) molte cose si semplificheranno -e di molto-.

Detto questo.
Quando rispondi ad un inserzione, particolarmente interessante, prova a osservare ed a osservarti, per vedere:

1) Se hai capito bene la cultura aziendale, il tipo di bisogni che ha l'azienda, cosa potrebbe aspettarsi da te.

2) Se stai proponendoti in modo chiaro (parlando il linguaggio del posto).

3) Se utilizzi una modalità di approccio che è in linea con quella dell'azienda (per esempio: si muovono su internet? cercano solo con il passaparola? mettono solo inserzioni sui giornali?).

Se farai questo, avrai iniziato a fare un buon ascolto e, allo stesso modo, mosso i passi verso la creazione di feeling, ricalco e calibrazione tra te e i tuoi interlocutori.
A presto!