Spesso le persone che cercano lavoro hanno tante brutte convinzioni: “non c'è nulla", "sono troppo in là con gli anni","mi hanno detto che non cercano", "li vogliono solo giovani" e tanto altro.
Le convinzioni, cari miei, a volte sono molto pericolose.
Se sei convinto che tutto ciò che farai è inutile, perché dovresti farlo? Se ciò che hai sperimentato –ora o qualche anno fa- non ti ha offerto determinati risultati, perché dovresti cambiare opinione sulla cosa? Allora, molti partono con l’idea che tutto è detto e scritto, che tutte le proposte per svolgere ricerca sono solo “parole” e basta, che non c’è niente da fare.
Sarò forse un ottimista di natura, incapace di vedere (proprio) tutti gli aspetti deprimenti del mercato del lavoro di oggi; fatto sta che io credo in un approccio alla ricerca di lavoro “possibilista”e che questa, se fatta con attenzione, possa dare maggiori risultati.
Non dico di andare bendati, speranzosi che suonando ai campanelli qualcuno ci apra con il contratto (indeterminato) in mano, però che occorre dubitare di certe "certezze" -prese così per certo- e questo può farci attivare meglio e con più energie; dunque, non prendiamo per buono tutto ciò che sentiamo se prima non lo abbiamo verificato!
Dubitare vuol dire sospendere il giudizio sulla cosa, guardare il mondo non facendoci condizionare da idee preconcette, non accogliendo alla buona i "per sentito dire", scettici di avere risposte su qualunque cosa senza prima essersi messi, realmente, in profondo ascolto.
Dubitare di aver fatto tutto per la propria ricerca, di non aver tralasciato niente, può aiutarci a trovare altre vie; proviamo?
Penso di contro, infine, che se neanche noi stessi crediamo con convinzione alla nostra ricerca di lavoro e che potremo trovare, chi dovrebbe crederci?
Le convinzioni, cari miei, a volte sono molto pericolose.
Se sei convinto che tutto ciò che farai è inutile, perché dovresti farlo? Se ciò che hai sperimentato –ora o qualche anno fa- non ti ha offerto determinati risultati, perché dovresti cambiare opinione sulla cosa? Allora, molti partono con l’idea che tutto è detto e scritto, che tutte le proposte per svolgere ricerca sono solo “parole” e basta, che non c’è niente da fare.
Sarò forse un ottimista di natura, incapace di vedere (proprio) tutti gli aspetti deprimenti del mercato del lavoro di oggi; fatto sta che io credo in un approccio alla ricerca di lavoro “possibilista”e che questa, se fatta con attenzione, possa dare maggiori risultati.
Non dico di andare bendati, speranzosi che suonando ai campanelli qualcuno ci apra con il contratto (indeterminato) in mano, però che occorre dubitare di certe "certezze" -prese così per certo- e questo può farci attivare meglio e con più energie; dunque, non prendiamo per buono tutto ciò che sentiamo se prima non lo abbiamo verificato!
Dubitare vuol dire sospendere il giudizio sulla cosa, guardare il mondo non facendoci condizionare da idee preconcette, non accogliendo alla buona i "per sentito dire", scettici di avere risposte su qualunque cosa senza prima essersi messi, realmente, in profondo ascolto.
Dubitare di aver fatto tutto per la propria ricerca, di non aver tralasciato niente, può aiutarci a trovare altre vie; proviamo?
Penso di contro, infine, che se neanche noi stessi crediamo con convinzione alla nostra ricerca di lavoro e che potremo trovare, chi dovrebbe crederci?